mercoledì 24 ottobre 2012

                                    La crisi dell'Impero romano


La crisi dell'economia del'Impero romano


Una ricca economia urbana e monetaria
L'impero romano conobbe il suo massimo sviluppo nel II secolo. Le cause principale del benessere della prosperità economica fronono tre: la pace e la stabilita che permisero la cosruzione di infrastrutture; un'efficacie rete di comunicazione; la varietà e l'unità del territorio imperiale.
Quella romana era un' economia monetaria (che, a differenza dell'econmia naturale, conosce l'uso del denaro).

La crisi, le sue origini

L’ economia che si sviluppò in questo periodo nelle città era di tipo monetario.La pace, però, a lungo andare comportò cambiamenti che diventarono elementi di crisi: 
  • si ridusse  l’ influsso dei prigionieri di guerra (schiavi). Questo fu fonte di crisi per le proprietà terriere e per le manifatture delle industrie. Le grandi proprietà, di conseguenza, vennero frazionate e date in affitto a coloni in parte liberi, in parte liberti e in parte servi casati
  •  l’ amministrazione centrale e periferica esigeva una numerosa e costosa burocrazia professionale (ad esempio la difesa e la vigilanza dei confini impegnavano molti militari). Per questo le spese dell’ impero si trasformarono in un pesante carico fiscale.
  • Le province svilupparono una propria economia interna diventando così temibili concorrenti sia per i prodotti artigianali sia che per quelli agricoli.


La diminuzione dei prezzi, la scarsa disponibilità e l’ alto costo del lavoro servile e l’ inasprimento degli oneri fiscali determinarono, così, un peggioramento delle colture (e in certi casi anche l’ abbandono delle terre e delle industrie).

La pace, però, si concluse definitivamente con le invasioni del V secolo; questo determinò la necessità della difesa militare che comportò:
  • aumento delle tasse
  • inflazione (i prodotti agricoli scarseggiavano e costavano sempre di più)
  • condizione di generale insicurezza e la rovina della rete stradale romana (crollo del commercio)
  • crisi dell’ artigianato, dovuta alla diminuzione drastica dei consumi di lusso

Occidente e Oriente
Le difficoltà dell'Impero determinarno la separazione tra la sua parte orientale e quella occidentale.
Nel VI secolo, mentre l'Impero bizantino, conosceva con Giustiniano il momento di maggior splendore, quello d'Occidente si avviava verso la rovina. Il momento più duro si ebbe dal VI all' VIII secolo, quando si verificarono la crisi demografica, l'abbandono delle città (che erano state il centro della vita economica, la regressione a un'economia naturale e la crisi dell'agricoltura.
Le difficoltà dell’ impero causarono la rottura dell’ antica unità mediterranea:
  • L’ Oriente (più ricco e organizzato politicamente). L’ Impero bizantno, inoltre, conobbe con Giustiniano il momento di maggior splendore della sua storia.
  • L’ Occidente (si avviò verso la rovina e la disintegrazione e attraversò una profonda crisi caratterizzata da una regressione demografica ed economica).


Il sistema curtense

La riorganizzazione dell'economia
 La crisi portò allo sviluppo di nuove forme di vita economica:

  • locali: dovuto all’ arresto dei traffici;
  •  agrarie: la terrà diventò l’ unica fonte di ricchezza;
  •  poco differenziate: ogni comunità cercò l’ autosufficienza


Il processo che condusse a questo sistema fu frutto di:
  • movimento dal basso (dovuto al fatto che i piccoli e medi proprietari terrieri rinunciavano alla loro libertà pur di essere protetti da un potente proprietario. Queto determinò il forte aumento delle grandi proprietà)
  • movimento dall’ alto (causato dalla debolezza dello stato che concedeva una parte delle loro terre come ricompensa ai propri militari per assicurarsi la loro protezione)
La conseguenza principale, dal punto di vista economico, di queste trasformazioni fu la diffusione del sistema curtense 


La curtis 
Durante l'Alto Medioevo ( dalla caduta dell'Impero romano fino all'anno Mille) la terra venne progressivamente divisa in possedimenti chiamati curtes che appartenevano a un dominus (il re, la Chiesa o un signore locale). Ogni curtis era divisa in due parti:
  • la pars dominica ( da dominus), riservata al padrone e da lui gestita attraverso il lavoro dei suoi servi;
  • la pars massaricia (da massarius, contadino), suddivisa in mansi, apprezzamenti affidati a servi o a contadini liberi. Questi in cambio dell'uso del terreno, dovevano versare parte del raccolto e pagare i tributi al signore, oltre a lavorare i terreni della pars dominica per un certo numero di giornate (corvées).
Si diffuse la servitù della gleba che vietava, ai contadini che vi erano sottoposti, di lasciare la terra che coltivavano.

La rinascita: lo sviluppo agricolo e demografico


 La rinascita dell'Occidente
Intorno al XI secolo si verificò una notevole crescita demografica. Contemporaneamente aumentò la disponibilità economica. Gli storici ritengono che l'aumento della popolazione e la crescita economica si stimolarono a vicenda nelle seguenti circostanze:
  • il clima diventò piu' mite e favorevole all'agricoltura,
  • le invasioni normanne, ungare e saracene terminarono,
  • si inventarono nuovi strumenti (come il collare rigido e l'aratro pesante)
  • si migliorarono le tecniche agricole passando dalla rotazione biennale a quella triennale,
vennero dissodate e bonificate nuove terre.




Nuovi strumenti
Intorno all'anno Mille si diffuse un collare rigido che si appoggiava sulle spalle dell'animale e che non gli impediva di respirare anche quando era sotto sforzo, come succedeva invece con il "giogo".
Ciò ne migliorò naturalmente la produttività e rese ancora più efficacie l'introduzine di un nuovo tipo di aratro, il cosidetto "aratro pesante". Si trattava di un aratro in ferro montato su ruote, che ne rendevano più agevole il traino.
L'aratro era dotato di un vomere, una lama con la funzione di fendere orizzontalmente la terra da rivoltare; di un coltro, un ulteriore lama posta davanti al vomere che tagliava la terra andando in profondità; di un versoio, uno strumento che rovesciava la zolla. Di conseguenza, i semi, con questo nuovo aratro pesante, potevano penetrare meglio nel terreno e dare una maggiore resa. A queste invenzioni si aggiunse anche quella del mulino ad acqua o a vento. I romani già conoscevano il mulino, ma fu solo in questo periodo che si comprese che l'energia naturale poteva essere trasformata in lavoro in modo meccanico.


Nel mondo antico e medievale l' unico concime conosciuto era il letame e per questo era necessario far riposare periodicamente il terreno con la rotazione delle colture che si può suddividere in due fasi:
  • prima del Mille: le zone coltivabili erano divise in due parti (rotazione biennale) perciò metà terreno veniva coltivato mentre l' altra metà era lasciata a maggese (riposo)
  • verso il Mille: le zone coltivabili erano divise in tre parti (rotazione triennale) perciò un terzo del terreno era seminato in autunno, un terzo in primavera e un terzo veniva lasciato a maggese (riposo). Nel corso di tre anni la rotazione veniva completata. In questo modo le rese dei terreni aumentarono addirittura del 60 %
Una società divisa in ordini

La società era divisa in ordini. L'ordine è un insieme di invividui che godono degli stessi diritti; si appartiene a esso in base a un atto giuridico e non alla situazione economica, come invece accade per la classe sociale. Secondo la mentalità dell'epoca ogni ordine aveva un ruolo specifico. il clero pregava, i cavalieri (la nobiltà) compattevano, i lavoratori dovevano garantire a tutti i mezzi di sostentamento.

La rinascita dei commerci


La rinascita dei commerci e le fiere
l'accresciuta produttività agricola consentì di avere delle eccedenze: ciò rimise in moto il commercio, anche a largo raggio. Vennero organizzate delle fiere, grandi mercati che si tenevano in alcune località una o due volte all'anno.
La ripresa dei commmerci fu favorita anche dal miglioramento delle vie di comunicazione: fu sopratutto la navigazione a progredire, con l'introduzione della bussola e del timone.

Mediterraneo, Fiandre e Lega Anseatica
I commerci europei gravitavano intorno a due aree, il Mediterraneo e l'Europa del Nord:
  • i prodotti orientali venivano portati dai mercanti italiani nel resto d'Europa;
  • la zona delle Fiandre divenne famosa per la produzione dei tessuti;
  • nacque la Lega Anseatica, un'unione dei mercati di alcune città tedesche.
Un nuovo scenario economico
L'intensificarsi dei commerci favorì la ripresa della circolazione monetaria
  • le famiglie più ricche presero a far fruttare i patrimoni monetari. molti finanziavano i traffici dei mercanti, altri fornivano delle compagnie, società che in alcuni casi diedero origine alle banche;
  • si svilupparono le tecniche di trasferimento e di scambio del denaro; nacquero le lettere di cambio, documenti che rappresentavano somme di denaro, precursori dell'assegno e della carta moneta;
  • furono necesserie le cambiavalute, mercanti che cambiavano le diverse monete. Questi, specializzandosi nel commercio del denaro, si trasformarono in banchieri. I più importanti tra essi finanziarono papi e re.
Si ponevano cosi le basi dell'economia di mercato, in cui chiunque può vendere o comprare merci e servizi liberamente. Essa presuppone un'economia monetaria, un adeguato sistema di comunicazioni, l'eliminazione di tutti i vincoli feudali (come la servitù della gleba) che imbrigliavano il mercato. Queste condizioni si sarebbero realizzate compiutamente solo nel XIX secolo.
La rinascita delle città
La rinascita urbana e la borghesia
Le  città che nelll'Alto Medioevoerano decadute, rinacquero grazie ai commerci. Vi si trasferirono i signori feudali e sopratutto i contadini. Nacque una nuova classe sociale, la borghesia, una classe intermedia tra aristocratici e ceti popolari, formata da artigiani, mercanti, banchieri ( ma anche da medici, avvocati, notai), accomunati dall'impegno nel mondo economico attraverso l'iniziativa individuale

Gli artigiani e le loro associazioni
Gli artigiani di città si riunirono nelle Arti o Corporazioni, associazioni di mestiere che esercitavano un controllo sulla qualità dei prodotti, impedivano la concorrenza illecita e potevano vietare l'apertura di una bottega a chi non faceva parte della corporazione.

La nascita delle università


Dopo il Mille le scuole, gestite dal clero per l'istruzione degli ecclesiastici, iniziarono a essere frequentate dalla borghesia, che aveva necessità di istruirsi per gestire meglio le proprie attività economiche. In alcune città nacquero libere associazioni di studenti e insegnanti: le universitas studiorum.

La formazione dello Stato moderno

L’età signorile e la rinascita dello Stato
Tra il X e il XII secolo lo Stato attraversò una crisi che lo portò alla disgregazione: per la vastità dei territori governati, i sovrani delegarono le funzioni dello Stato ai feudatari, i quali presero a comportarsi come sovrani.
La popolazione venne assoggettata da signori, laici o ecclesiastici, che amministravano al giustizia chiedevano prestazioni militari e riscuotevano imposte. Il potere signorile rappresentò la versione locale dello Stato.
Ma il particolarismo politico generò insicurezza e i sudditi iniziarono a rivolgersi al re per veder garantiti i propri diritti, inoltre le monarchie, i principati e i Comuni iniziarono a limitare i poteri dei signori: così lo Stato si rafforzò

Le monarchie feudali
Le monarchie europee del XII-XV secolo (monarchie feudali) furono caratterizzate da un contratto tra sovrano e sudditi; questo contratto comportava:
  • Che il sovrano garantisse i privilegi dei nobili, del clero e dei cittadini;
  • L’impossibilità di introdurre innovazioni senza il consenso dei sudditi, espresso in assemblee rappresentative, i parlamenti, in cui sedevano la nobiltà, il clero e il “Terzo stato” (i gruppi dirigenti urbani);
  • La possibilità di deporre il sovrano che non rispettasse questo contratto.

Lo Stato moderno
Nei periodi di guerra il re poteva invece decidere senza consultare il parlamento. La guerra, che fu la condizione normale nell’Europa del XV-XVI secolo, venne dunque sfruttata dai re per accentrare il potere. L’ascesa del sovrano segnò la nascita dello Stato moderno, tipico dell’Età moderna (XV-XVIII secolo).
Le sue caratteristiche furono:
  • L’accentramento del potere, che comportò lo scontro tra monarchia e ceti privilegiati;
  • La territorialità, in contrasto con l’universalismo dell’Impero e del Papato;
  • La concezione patrimoniale e dinastica dello Stato, considerato un bene di proprietà del sovrano e trasmesso in eredità;
  • L’organizzazione incentrata sulla corte, attraverso la quale il re guidava l’esercito e la burocrazia.

La monarchia francese e la guerra dei Cent’anni

La monarchia francese e la guerra del Cent’anni (1337-1453)
Nell’XI secolo i territori controllati dal re di Francia si limitavano all’area circostante Parigi e nel XII secolo parte della Francia sud-occidentale divenne feudo del re d’Inghilterra.
All’inizio del Trecento i sovrani francesi avevano asteso il loro controllo su due terzi del territorio nazionale e rafforzato lo Stato, ma i feudi inglesi erano un ostacolo al processo di affermazione della monarchia e di unificazione. Per questo, nel 1337, tra Francia e Inghilterra iniziò la guerra dei Cent’anni. Nel 1415, con la battaglia di Azincourt, gli Inglesi si impadronirono della Francia centro-settentrionale. Carlo VII organizzò la riscossa e nel 1453 i Francesi vinsero la guerra.

Dopo la guerra
La guerra del Cent’anni segnò in Francia il passaggio della monarchia feudale allo Stato moderno nazionale.
Finita la guerra, Luigi XI cercò di raggiungere:
  • L’unità geografica, scontrandosi con la grande nobiltà, che rimaneva potente;
  • L’unità politica. Istituì un esercito permanente, rafforzò l’apparato amministrativo e proseguì il tentativo di Carlo VII di trasformare la Chiesa in uno strumento di governo.
Alla morte di Luigi XI (1483), la Francia era una grande potenza.

La formazione della monarchia inglese

La monarchia inglese
La monarchia inglese:
  • Nacque nel 1066 con l’invasione normanna guidata da Guglielmo il Conquistatore. Con la successiva dinastia del Plantageneti, l’Inghilterra acquisì ampi territori francesi, che sarebbero andati perduti con la guerra dei Cent’anni;
  • Fin dalle origini cercò di limitare il potere della nobiltà feudale e di controllare la Chiesa, ma nel 1215 i nobili ottennero la Magna Carta, che limitava il potere sovrano: nessuna nuova tassa poteva essere imposta senza l’approvazione del Parlamento.

La guerra delle Due Rose (1455-85)
Una crisi dinastica che seguì la guerra dei Cent’anni provocò la guerra delle Due Rose, una violenta guerra civile che si concluse con l’affermazione di una nuova dinastia (i Tudor) che avrebbe regnato fino al 1603.

L’organizzazione dello Stato
Enrico VII (1485-1509), il nuovo re, accantonò la politica internazionale per dedicarsi al rafforzamento del potere statale.
L’aristocrazia , indebolita dalla guerra civile, e le gerarchie ecclesiastiche furono asservite alla corona. Il re creò anche un’efficace apparato burocratico.

Il caso spagnolo

La monarchia spagnola
Tra il 1000 e il 1492 il territorio iberico, occupato dagli Arabi, tornò in mano cristiana (Riconquista). Già dal 1212 gli Arabi conservarono solo Granada (che sarebbe caduta nel 1492). Il resto del territorio era diviso in quattro regni: Aragona, Castiglia, Navarra e Portogallo. I primi due regni, molto diversi tra loro, erano i più importanti. L’Aragona controllava le Baleari, la Sicilia, la Sardegna e il Regno di Napoli.
Nel 1469 il matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona portò all’unificazione della Spagna. La monarchia si rafforzò dotandosi di un efficiente apparato burocratico e di un esercito permanente, ma il suo tratto più caratteristico fu la forte impronta cattolica.


Il paradosso spagnolo
La Spagna condusse una politica di forte intolleranza religiosa, grazie anche all’operato della Santa Inquisizione. Ciò produsse unità ideologica, ma determinò persecuzioni e gravi conseguenze economiche.
Ebrei e Mori erano i ceti più produttivi, ma l’intolleranza nei loro confronti portò gli Spagnoli a considerare l’attività lavorativa un disonore a ad assumere come modello l’aristocrazia parassitaria. La capacità produttiva del paese si immiserì.

L’impero e la frontiera orientale

La debolezza dell’Impero
Secondo la concezione medievale, la sovranità del re era limitata a un territorio, mentre il potere dell’imperatore era universale. Fin dal Trecento, però, nessun re riconobbe più la superiorità del potere imperiale, il cui dominio si ridusse alla sola Germania. Dal 1437 il titolo imperiale appartenne agli Asburgo, che però non riuscirono ad assoggettare la nobiltà e a rafforzare lo Stato centrale.

L’impero ottomanno
L’Impero dei Turchi Ottomanni dell’Asia Minore si espanse fino a occupare, nel 1453, Costantinopoli. Dopo essersi insediati sulle rovine dell’Impero bizantino, nel 1521 i Turchi giunsero nella Penisola balcanica, ai confini dell’Impero asburgico.

L’espansione mongola
I Mongoli, una popolazione dell’Asia centrale, a partire dal XIII secolo (prima con Gengis Khan, poi con Tamerlano, convertito all’islam) iniziarono un’espansione che li portò a controllare buona parte dell’Asia e parte dell’Europa orientale e del Medio Oriente.
L’espansione degli imperi islamici venne percepita dal mondo cristiano come una manaccia.

Mosca, la Terza Roma
Anche l’area russa fu occupata dai Mongoli, ma:
  • La Chiesa russa sopravvisse e dopo il crollo di Costantinopoli (1453) divenne il punto di riferimento del cristianesimo ortodosso. Mosca si propose così come la “Terza Roma”;
  • Il Principato di Mosca dal XIV secolo iniziò a espandersi. Ivan III il Grande (1462-1505) assunto il titolo di zar di tutte le Russie, trasformò il principato in uno Stato unitario, nazionale, accentrato e autocratico. La Chiesa ortodossa divenne Chiesa nazionale.

APPROFONDIMETO

Giovanna d’Arco: isterica o santa?
Giovanna nacque verso il 1412, nel villaggio di Domrèmy, un paesello sulla Mosa, ai confini tra la Champagne, soggettata al duca di Borgogna, e la Lorena, feudo dell’Impero. Era uno dei cinque figli di una coppia di contadini: una ragazza come tante che non sapeva né leggere, né scrivere, e accudiva alle faccende domestiche. Era un’adolescente tredicenne quando, nell’estate del 1425, cominciò a udire delle “voci” ds lei attribuite all’arcangelo Michele e alle sante Margherita e Caterina.
Per la mentalità laica non vi sono dubbi. Si trattava di tempeste ormonali che nel fisico degli adolescenti portano turbamenti, generalmente passeggeri, ma non sempre di lieve entità oppure quelle voci potevano essere messe in relazioni a una forma di tumore al cervello, alla schizofrenia o, più probabilmente, all’isteria scatenata da scene di violenza a opera degli Inglesi a cui verosimilmente aveva assistito.
Queste ipotesi vengono ovviamente respinte dai credenti per i quali Giovanna era assolutamente sana di mente: se diceva di aver sentito e aveva visto qualcosa. Non bisogna infatti dimenticare che in ogni tempo ci sono persone che dichiarano di essere in comunicazione con il mondo celeste; fa parte della fede credere che questo sia possibile.





Comuni, Signorie, Principati

I Comuni
Nonostante l’appartenenza formale all’Impero, in molte città del Centro-Nord, con l’incentramento delle attività mercantili, nell’XI secolo nacquero i Comuni.
I Comuni, fondati e amministrati da gruppi di cittadini, svolgevano le tipiche funzioni statali e si affermavano indipendenti da qualsiasi altro potere.
L’età comunale fu all’apice tra il XII e il XIII secolo. Con il tempo iniziarono le lotte tra le frazioni cittadine e si cercò di ripristinare l’ordine irrigidendo le istituzioni: dal governo dei consoli si passò a quello del podestà e infine a quello di un signore. Nacque cosi la Signoria.

Signorie e Principati
Tra il XIV e il XV secolo le Signorie si estesero, diventando Stati regionali e assumendo il carattere di monarchie: i signori ottennero il riconoscimento ufficiale del loro potere dall’imperatore o dal papa attraverso la concessione di un titolo nobiliare. Le Signorie divennero così principati e i cittadini sudditi.

Gli Stati regionali

Gli stati regionali
Nella Penisola si affermarono una serie di Stati, tra i quali spiccavano.
  • Il Ducato di Savoia;
  • Il Ducato di Milano, uno degli Stati più importanti e fiorenti, dove il potere appartenne alla famiglia Visconti e poi agli Sforza;
  • La Repubblica di Venezia, che non divenne una Signoria ma uno Stato oligarchico. Nel Trecento cercò il primato commerciale nel Mediterraneo e nel Quattrocento si espanse verso la terraferma;
  • La Repubblica Fiorentina, in cui il governo divenne sempre più espressione della ricca borghesia e poi passò nelle mani della famiglia Medici, che diede alla città grande prestigio;
  • Lo Stato della Chiesa, che nel Trecento attraversò una crisi a causa del trasferimento della sede Papale ad Avignone. Dopo il tentativo di Cola di Rienzo di instaurare la repubblica, il potere papale fu rafforzato a il Papa tornò a Roma. Nacque lo Stato Pontificio e il papa prese a comportarsi come un principe;
  • Il Regno di Napoli. Dopo la pace di Caltabellotta (1302) il Regno di Sicilia fu smembrato. Gli Angioini ottennero il Regno di Napoli, uno Stato vasto e arretrato, ancora di tipo feudale. La monarchia, contrastata dai grandi feudatari (i baroni) non riuscì ad accentrare il potere. Nel 1442, dopo lunghe lotte, la corona passò agli Aragonesi, che già controllavano la Sicilia e la Sardegna. L’unità del vecchio Regno fu ritrovata.

Dalle guerre all’equilibrio

Guerre di predominio
Tra la fine del XIV secolo e la metà del XV, gli Stati italiani si scontrarono per il predominio sulla Penisola. Tuttavia nessuno di essi riuscì a diventare egemone e non si avviò alcun processo di unificazione territoriale e politoca come era avvenuto nel resto d’Europa.

Il sistema dell’equilibrio
Nel 1454, con la pace di Lodi, Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli misero fine alle guerre e si riunirono nella Lega Italica, impegnandosi a conservare la pace.
Seguirono quarant’anni di relativa pace, durante i quali gli Stati settentrionali attraversarono un periodo di prosperità economica e culturale, mentre il Sud rimase arretrato. L’equilibrio era però fragile: l’Italia rimaneva in una situazione di debolezza di cui avrebbero approfittato le grandi monarchie europee



Umanesimo e Rinascimento

Una nuova visone del mondo
Tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, in Italia prese forma una nuova visione del mondo che distaccò dalla cultura medievale, al quale era stata caratterizzata dalla forte impronta religiosa. La nuova cultura fu definita Umanesimo e Rinascimento.
Il termine Rinascimento indica tutta la nuova epoca, compresa tra il Quattrocento e il Cinquecento, ma alcuni distinguono tra:
  • Una fase quattrocentesca (Umanesimo), nella quale maturarono le nuove idee;
  • Il Cinquecento (Rinascimento), quando essa raggiunse il massimo splendore, attraverso opere letterarie e artistiche di straordinario valore.

L’Umanesimo
L’umanesimo fu così detto perché si richiamava alla letteratura classica (le humanae litterae) in contrapposizione alla filosofia medievale, la Scolastica, che aveva avuto come punto di riferimento i testi sacri (le divinae litterae).
Suoi temi fondamentali furono:
  • La valorizzazione dell’uomo, posto al centro del mondo, quindi libero, protagonista della storia e in grado di dominare la natura, l’eccellenza umana non fu però proclamata contro Dio, ma come dono di Dio;
  • La riscoperta dei classici: gli autori dell’antichità classica divennero un modello di vita da seguire e da imitare. Venne abbandonata la letteratura allegorica (tipicamente medievale) dei classici che grazie a una nuova scienza, la filosofia, vennero ricollocati nel contesto storico originale. Furono riportati alla luce i testi classici e si diffuse lo studio del latino e del greco. Precursori di queste tendenze erano stati Petrarca e Boccaccio.

Il Rinascimento
Gli umanisti giudicarono l’epoca che li aveva preceduti come un’età di decadimento della cultura: definirono il Medioevo “età di mezzo”, perché separava l’antichità dei tempi presenti. Per questo ritennero di essere protagonisti di una rinascita.

Cultura ed educazione

Una cultura laica
Nel Rinascimento si diffuse una nuova figura di intellettuale, il cortigiano. Un intellettuale legato alla corte di un signore (il suo mecenate), e non più alla Chiesa. Uno degli aspetti più significativi del Rinascimento, infatti, fu la laicizzazione della cultura: si iniziò cioè a considerare la cultura autonoma e indipendente, innanzitutto dalla Chiesa e dalla religione.

Una rinnovata pedagogia
Il rinnovamento intellettuale e artistico coinvolse anche l’educazione dei ragazzi. L’acquisizione delle lingue classiche divenne il fondamento di ogni insegnamento. L’apprendimento del latino e del grco rivestiva in sé un valore pedagogico oltre che tecnico. La nuova pedagogia rifletteva l’affermazione della dignità e della libertà dell’uomo

L’invenzione della stampa
Tra il Quattrocento e il Cinquecento Gutenberg realizzò un’invenzione che rivoluzionò il modo di comunicare: la stampa a caratteri mobili. In tutta Europa si diffusero le tipografie e i libri, più maneggeoli ed economici dei codici. Vennero stampati i classici e la diffusione della cultura divenne più agevole.

L’osservazione della natura
L’interesse per l’uomo e la natura furono alla base del progresso scientifico. Nel medioevo la conoscenza era basata sull’autorità della tradizione; nel Rinascimento gli scienziati vollero condurre un’osservazione diretta della natura. Ciò consentì di conquistare nuove conoscenze nell’ambito delle scienze naturali, come la biologia, la zoologia o la botanica e l’anatomia. Grandi progressi vennero anche compiuti nello studio della medicina e del corpo umano. In particolare l’anatomia utilizzò la dissezione dei cadaveri e registrò il grende contributo del medico belga Andrea Vesalio, autore del trattato “De humani corporis fabrica2 (1453).
Attraverso i progressi derivati dall’osservazione della natura si giunse a formulare una nuova concezione del cosmo, per cui la Terra e l’uomo cessarono di costituire il centro dell’universo.

Il pensiero storico e politico

Una nuova storiografia
Nel medioevo la storia era vista come frutto di un disegno provvidenziale. Nel Cinquecento venne invece considerata il risultato delle azioni degli uomini. La conoscenza del passato doveva offrire un insegnamento da seguire nel presente. Francesco Guicciardi, il più grande storico rinascimentale, fece propria questa visione. Raccontò la storia italiana alui contemporanea cercando nel conportamento umano, spesso irrazionale, le cause delle singole vicende, rinunciando alla pretesa di individuare regole generali

La riflessione sul potere
Tra il XVI e la metà del XVII secolo si sviluppò una vivace riflessione sui temi della politica e del potere, che si legò al processo di realizzazione dello Stato moderno. All’ universalismo medievale, che teorixxava la supremazia del Papato e dell’Impero su tutte le altre entità politiche, venne opposto il principio secondo cui il sovrano, il principe, non riconosceva piú alcun limite alla sua autorità.

Machiavelli
Niccolò Machiavelli fu il fondatore della scienza politica, di cui affermó l’autonomia. La ritenne infatti regolata da leggi diverse da quelle della religione o della morale comune e sostenne che l’agire degli uomini di Stato andasse valutato solo in base a quelle leggi.
Nel trattato IL Principe Machiavvelli, guidato da una visione pessimistica dell’uomo, ritenne che la virtù del principe consistesse nell’adottare il comportamento di volta in volta più adatto a conservare il potere. Tuttavia Machiavelli specificò come l’uso di metodi spregiudicati dovesse essere giustificato dalla ricerca del bene pubblico.

L’Utopia di Moro
L’umanista inglese Tommaso Moro fu l’autore di “Utopia”, un’operache denudciò le contraddizioni della società europea; in qest’opera l’autore immagina una comunità ideale, quella dell’isola Utopia, dove non vi è la proprietà privata e in cui gli uomini, pacifisti e tolleranti, vivono secondo semplici regole, governati da un’aristocrazia intellettuale.
Sia Moro che Machiavelli, pur nella loro diversità, desacralizzano la politica, riconducendola alle scelte umane ed escludendo da essa qualsiasi disegno divino. Ciò costituì la premessa della concezione democratica della vita politica: infatti, se sono gli uomini a istituire l’ordine entro cui si organizzano; ognuno di essi ha diritto a partecipare a questa costruzione.

APPROFONDIMENTO
Leonardo da Vinci
Leonardo da Vinci (1452-1519) fu pittore, scultore, architetto, ingegnere. Vasari nelle sue “Vite” collocó Leonardo all’apertura della “terza età”, il ‘500, poiché l’arte di Leonardo, confrontata con quella dei pittori fiorentini suoi contemporanei, segnò uno stacco profondissimo e contribuì in maniera fondamentale alla nascita del nuovo spirito cinquecentesco di rinascita.
Leonardo studiò in modo nuovo e approfondito le proporzioni del corpo umano. Infatti in epoca medievale le proporzioni erano state definite in modo schematico e senza riferimento a osservazioni anatomiche. Leonardo, invece, ricollegò le proporzioni con la realtà sia attraverso le misurazioni delle statue antiche, sia attraverso il recupero dei canoni usati dagli artisti classici riportati nel trattato “De Architectura2 di Vitruvio (I secolo a.C), sia attraverso l’osservazione e la catalogazione degli uomini reali.
Leonardo inoltre studiò il variare delle prporzioni delle parti del corpo umano in relazione allo stato di quiete e di morto.
Nelle immagini raffigurate si può notare l’importanza data dalla misurazione delle proporzioni, utilizzata per indicare un canone scientifico.



Arte e scienza in Leonardo da Vinci
Secondo Leonardo da Vinci, l'arte non poteva essere separata dalla scienza. Perciò egli dsi dedicò alla pittura e allo studio scientifico contemporaneamente e con la stessa passione, utilizzando il metodo del’osservazione diretta.
Nel dipinto “ La Vergine delle rocce” (1483), Leonardo rappresenta con estrema precisione le forme delle piante e degli animali. Una precisione che evidenzia uno studio accurato del paesaggio, degli effetti ottici, del movimento delle acque e dei venti, oltre che dei calcoli per la prospettiva. L’esperienza è maestra, secondo Leonardo, che, nel “Trattato della pittura”, scrisse “ L’occhio, che si dice finestra dell’anima è la principale via per considerare le infinite opere di natura”.
Egli considerava la pittura come una conoscenza a tutti gli effetti, mentre fino ad allora era stata ritenuta un’arte meccanica, cioè solo manuale e tecnica.
Leonardo sperimentò ogni ambito scientifico e progettò innumerevoli macchine, anticipando di molti secoli costruzioni a noi note. Per i duchi di Milano e di Firenze realizzò canali, ponti, dighe, mulini idraulici; studiò il volo degli uccelli e progettò aereoplani ed elicotteri; immaginò il paracadute e attrezzature militari come il carro armato e le bombe asplosove; si dedicò all’urbanistica con progetti di fognature e di strade sopraelevate.
Simbolo del genio umano, Leonardo da Vinci rappresentó meglio di chiunque altro l’aspirazione dell’uomo rinascimentale a cona conoscenza enciclopedica.













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